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Lezioni Yoga & Meditazione

Lezione #1 Balzare in avanti

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  • Livello di difficoltà: intermedio
  • Tipo di posture prevalenti: allungamento – equilibrio
  • Focus della sequenza – Chakra: Muladhara – Swadisthana – Manipura
  • Focus della sequenza – gruppi muscolari: quadricipiti – addominali

Potete farvi guidare in una parte della sequenza accedendo a questo video su YouTube

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Letture e spunti Maestri

Contenitore, contenuto (2)

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Riconsideriamo due termini: contenitore – contenuto. Nessuna forma di razionalizzazione. E come un sasso lanciato in un lago lascia la superficie appena increspata per qualche momento, le parole cadono, sprofondano, si inabissano.

E’ il momento di prendere contatto con il corpo e con il respiro. Per sperimentare la stretta connessione tra i due e verificare quanto la direzione degli occhi condizioni azioni e pensieri, dirigiamo lo sguardo all’addome prima, al torace poi. Non impieghiamo molto a scoprire che il respiro si è spontaneamente installato là dove la vista si è orientata. Seduti a terra con le gambe distese ci lasciamo accarezzare da un’onda lieve, che risale dai piedi al bacino durante l’inspiro e scende dal bacino ai piedi durante l’espiro… Lo sguardo segue questo andirivieni… L’onda viene, l’onda va… L’inspiro sale, l’espiro scende…

E poi viene il momento di incontrare una delle molte voci della saggezza senza tempo:

“[…] Il cervello è un oggetto percepito come sono percepite le orecchie. E’ una sensazione come si può sentire la mano. Quando esplorate la sensazione delle vostre mani, accedete a differenti livelli di sensazioni. E’ lo stesso con il cervello. 

Il cervello è in un certo modo dipendente dagli altri organi, in particolare dagli occhi. Quando guardiamo le cose con lo scopo di scegliere, come facciamo di solito, questo lede il cervello. I nervi ottici sono molto vicini al cervello; così, quando gli occhi sono sotto tensione, anche il cervello lo è. Lasciar andare le tensioni negli occhi e nel cervello è una scienza che si deve imparare. Il lasciar-andare vi porta ad uno stato di disponibilità. Siete pronti, disponibili, innocenti in uno stato di accoglienza. 

[…] Sentendo il cervello, sentiamo prima il suo peso. Allora, perde ogni sostanza, e abbiamo la sensazione come se non ci fosse più la tesa. La testa è completamente in espansione e scompare. Quando la testa è veramente sentita, la maggior parte degli organi è completamente rilassata, specie gli occhi, che sono sempre in procinto di scegliere e di cercare sicurezza. 

Se non potete sentire il cervello subito, cominciate con gli occhi. Sentite la loro cavità e seguite il nervo ottico penetrare il cervello. Quando il cervello sarà rilassato,si avrà una sensazione di spazio attorno a lui. Fatene un oggetto della vostra coscienza e vi dissolverete nello spazio. Alla fine c’è una fusione tra l’osservatore e ciò che è osservato e non c’è che presenza.” – Jean Klein, Sentire il cervello

Giunge il momento di esercitare la propria attitudine ad un atteggiamento meditativo.

Seguendo gli insegnamenti di Eric Baret, torniamo al corpo, diventando attenti alla sensazione degli occhi, al loro peso. Questa volta li lasciamo sprofondare verso l’interno, precipitare lungo un pozzo in direzione del cuore. L’evocazione di paesaggi pregni di colore fornisce lo spunto per lasciarci invadere, attraverso la cavità delle orbite, dal rosso, dal blu, dal verde dal giallo e dal bianco. Quando il corpo intero ha sperimentato il colore, c’è ancora margine per sperimentare quella che è la sensazione del colore… Poi tutto si fa trasparenza pura.

Contenitore, contenuto…

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Letture e spunti Maestri

Contenitore, contenuto (1)

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Consideriamo due termini: contenitore – contenuto. Nessuna forma di razionalizzazione. E come un sasso lanciato in un lago lascia la superficie appena increspata per qualche momento, le parole cadono, sprofondano, si inabissano.

E’ il momento di prendere contatto con il corpo, di riconoscerlo in tutta la sua pienezza, di lasciarlo deporre, crollare come crollerebbe un castello di di sabbia. Una voce accompagna quieta verso questo intimo incontro affinché possa realizzarsi uno stato di silente e pacifica resa.

E’ tempo di ascoltare il silenzio.

E poi viene il momento di incontrare una delle molte voci della saggezza senza tempo:

“Quando i muscoli sono sentiti, sono liberi da tutti i condizionamenti, perché la sensazione libera le tensioni e le reazioni. I muscoli sono ricondotti al loro stato naturale. Potete sentire il cervello nello stesso modo, anche se questo è ignorato in neurologia. Quando il cervello è sentito, si distende completamente e tutte le sue vibrazioni rallentano. Quando il cervello è profondamente disteso, non c’è più localizzazione; così non ci può essere concettualizzazione. Non potete più pensare, perché pensare è una localizzazione, principalmente situata nella regione frontale. Così non è necessario difenderci dal pensare, ma semplicemente arrivare allo stato assoluto di rilassamento del cervello. 

Le funzioni e le attività appartengono alla mente e la mente funziona nello spazio-tempo. Nel rilassamento profondo, siete liberi dal pensiero e allora siete liberi dallo spazio e dal tempo che non sono che dei pensieri. Quando siete liberi dallo spazio e dal tempo, non c’è che una costante presenza che non può essere trovata, descritta o localizzata. 

[…] è una presenza costante, dove nessuno, niente, è presente. E’ pericoloso esprimerlo anche poeticamente, ma l’espressione più appropriata per me è che è una costante corrente d’amore. Quando il cervello è veramente sentito, siamo distolti dalle fissazioni, dalle localizzazioni nel cervello. Abbiamo l’impressione di essere in espansione nel nostro corpo. Questa sensazione d’ espansione è l’inizio della meditazione. La meditazione non è che l’atto di rilassare il cervello che fa sempre qualcosa. Esattamente come possiamo liberare i muscoli dai condizionamenti, dai residui del passato, allo stesso modo possiamo liberare il cervello dalle funzioni e dalle attività. 

[…] Ci sono numerosi “trucchi” per fermare il pensiero, ma creano solamente una fissazione su qualche oggetto sottile, mentre la meditazione è completamente senza oggetto. La meditazione non comincia con la ricerca di uno stato. Questo non-stato è la corrente, la presenza che non è toccata dal funzionamento mentale. E’ solo l’ignoranza che attribuisce questa presenza, questa gioia, all’assenza d’oggetto. Se restate convinti che la tranquillità si trova nell’assenza d’oggetto, non diventerete mai liberi dalla dualità. La presenza è al di là della presenza o dell’assenza d’oggetto, al di là della mente, al di là del cervello. Tutto questo appare e scompare nella presenza senza limite che non è oggetto. 

Quando sentite il cervello come sentite i vostri muscoli, non è con l’intenzione d’interferire con il funzionamento del cervello: è molto semplicemente la sensazione, sentire il cervello senza cercare risultato. E’ uno sguardo innocente che libera il cervello dal cervello. Questo vi porta a essere libero dal meditante, da chi agisce e che non è altro che una costruzione mentale. 

[…] La maggior parte delle tecniche, di cui molti sono pratici in certi monasteri, mettono l’accento sull’arresto della funzione del cervello. Possiamo allora essere liberi dai contenuti del cervello, ma i contenuti non sono il problema. La vera finalità non è di esplorare i contenuti, ma il contenitore. Il contenitore non è l’assenza del contenuto, come il gusto della bocca stessa non è l’assenza di altri gusti. 

[…] il cervello funziona quando c’è bisogno di funzionare. Se è chiamato a pensare, pensa. Quando non c’è niente da pensare, non c’è nessun ruolo da assumere. Il cervello è un organo come un altro. Nello stato di distensione, il cervello è vuoto, ma voi siete talmente abituati ad avere un oggetto nella vostra mente che speso ignorate il vuoto della mente. 

[…] Generalmente conosciamo solo la coscienza come un oggetto, essere coscienti di qualcosa, anche se è la coscienza della tranquillità, della pace e così via. Sono ancora oggetti, stati, che vi mantengono nella cornice della dualità. La coscienza senza oggetto vi è sconosciuta; tuttavia è ciò che vi è più vicino, la vostra vera natura, ciò che siete. Questa presenza non può essere sperimentata come gioiosa o senza gioia. E’ senza nessuna qualità. Semplicemente è.” – Jean Klein, Sentire il cervello

Giunge il momento di esercitare la propria attitudine ad un atteggiamento meditativo.

Seguendo gli insegnamenti di Eric Baret, torniamo al corpo, diventando attenti alla sensazione degli occhi, al loro peso, al senso di compressione che vi alberga. E poi lasciamo che i globi oculari, come due biglie di piombo, colino davanti alle orbite, richiamati dalla gravità verso il suolo. Sentiamoli appesi, come si vede in certi dipinti tantrici del buddismo tibetano, coscienti delle orbite vuote, spaziose, profonde come immense caverne. 

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Storie, racconti e poesie

Lo scarabeo

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“Un uomo era incarcerato a vita all’ultimo piano di una torre. Sua moglie, che non poteva vivere senza di lui, decise di aiutarlo a fuggire. Prese uno scarabeo e, dopo aver legato con gran delicatezza un filo di seta all’insetto, ne bagnò le antenne con una goccia di miele. Poi lo depose ai piedi della torre, con le antenne rivolte verso l’alto. Desideroso di raggiungere il miele, l’insetto si arrampicò fino a raggiungere la finestra del prigioniero. Questi, liberato lo scarabeo, tirò il filo di seta. All’altra estremità era legato un filo più robusto. A questo seguiva uno spago, e allo spago una cordicella, e alla cordicella una solida fune, che l’uomo legò all’interno della sua cella e usò per calarsi dalla torre e fuggire via insieme alla moglie.” – Alejandro Jodorowsky, La risposta è la domanda

Quante volte nella vita ci è capitato di trovarci di fronte ad una situazione che ci è sembrata inaffrontabile, ingestibile, decisamente “troppo” per noi? La sensazione che probabilmente abbiamo vissuto è stata quella di essere completamente sopraffatti, impotenti e l’esito finale è magari stato caratterizzato da grande frustrazione.

La prossima volta potremmo considerare l’ipotesi di suddividere la “macro-questione” in “micro-questioni”. Potremmo scoprire che i passi da compiere per affrontare le cose sembrano farsi più leggeri, a misura d’uomo… Non un’unica lunghissima e pesantissima fune, ma un filo di seta, seguito da uno spago, poi da una cordicella, fino ad arrivare, con serena tranquillità, a tenere tra le mani una solida fune.

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Pranayama

Murcha Pranayama

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“Deliquio”

Le condizione indotta dall’esecuzione di questo pranayama ne giustifica il nome. Produce infatti una sensazione prossima allo svenimento, in cui la testa risulta vuota, leggera, gradevolmente stordita. Le fonti non ne forniscono una descrizione univoca e le diverse scuole suggeriscono modalità di esecuzione differenti.

“Al termine dell’inspirazione, eseguendo molto fermamente il jâlandhara, si espiri lentamente: ciò è chiamato mûrcchâ, che dà gioia e affievolimento (mûrcchâ) dello spirito.” – Svatmarama – La lucerna dello hatha-yoga (Hatha-yoga-pradîpikâ, II, 69) a cura di Giuseppe Spera (Ed. Magnanelli)

Tecnica di esecuzione:

  • sedete in una qualsiasi posizione meditativa;
  • mantenete la testa e la colonna vertebrale erette;
  • rilassate il corpo e osservate il respiro naturale farsi lento e profondo;
  • inspirate attraverso le narici;
  • mantenendo la ritenzione del respiro (kumbhaka) praticate la contrazione della gola (jalandhara-bandha);
  • mantenendo la contrazione della gola (jalandhara-bandha), espirate lentamente dalle narici;
  • a polmoni vuoti, rilasciate la contrazione della gola e riportare il capo in posizione neutra;
  • fate esperienza della leggerezza e della calma nella mente e nel corpo.

“Eseguita senza sforzo la ritenzione del respiro (kumbhaka), si fissi la mente (manas) sullo spazio tra le sopracciglia, distogliendola da ogni oggetto: questo induce un piacevole deliquio. Dall’unione della mente (manas) con il sé (atman) sgorga infatti la beatitudine.” – Insegnamenti sullo Yoga (Gheranda-samhitâ, V, 73-77) a cura di Stefano Fossati (Ed. Magnanelli)

Benefici:

  • induce alla concentrazione;
  • interiorizza la mente;
  • allevia tensioni ed ansia.
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Letture e spunti

Prendere, lasciare

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Consideriamo due opposti: prendere – lasciare. Nessuna forma di razionalizzazione. E come un sasso lanciato in un lago lascia la superficie appena increspata per qualche momento, le parole cadono, sprofondano, si inabissano.

E’ il momento di prendere contatto con il corpo, di riconoscerlo in tutta la sua pienezza, di lasciarlo deporre. Una voce accompagna quieta verso questo intimo incontro affinché possa realizzarsi uno stato di silente e pacifica resa.

E’ tempo di ascoltare il silenzio.

E poi viene il momento di incontrare una delle molte voci della saggezza senza tempo:

“La Via è vuota e leggera, liscia e imparziale, chiara e calma, flessibile e docile, limpida e pura, piana e semplice. 

Il vuoto è la dimora della Via. L’imparzialità è l’essenza della Via. La chiara calma è lo specchio della Via. La flessibilità è la funzione della Via. Il capovolgimento è la norma della Via; la cedevolezza è la fermezza della Via, la docilità è la forza della Via. La limpida purezza e la piana semplicità sono il tronco della Via.

L’imparzialità significa che la mente è priva di pastoie. Quando i desideri abituali non pesano su di te, questa è la realizzazione del vuoto. Quando non hai né preferenze né avversioni, questa è la realizzazione dell’imparzialità. Quando sei unificato e immutabile, questa è la realizzazione della calma. Quando non sei coinvolto nelle cose, questa è la realizzazione della purezza. Quando non provi né dolore né piacere, questa è la realizzazione della virtù.
Il governo degli uomini completi rifiuta ogni astuzia. Limita ciò che prende e minimizza ciò che perde. Elimina la brama delle cose preziose e diminuisce le elucubrazioni.
Limitare ciò che si prende determina chiarezza; minimizzare ciò che si perde determina concentrazione. 

Attenendosi al centro, gli organi interni sono calmi, i pensieri sono limpidi, i tendini e le ossa sono forti, le orecchie e gli occhi sono sensibili.
La Grande Via è piana e non è lontana. Coloro che la cercano lontano, prima vanno e poi tornano.

Nutri sempre un imparziale amore universale e non lasciarlo venire meno. Questa è la virtù dell’umanità.

Non indulgere ai tuoi capricci quando hai successo, e non perdere la calma quando sei in difficoltà. Segui la ragione con coerenza, senza piegarla ai tuoi desideri. Questa è la giustizia.

In una posizione superiore, sii rispettoso ma autorevole; in una posizione subordinata, sii umile ma serio. Sii deferente e cedevole, agisci alla maniera femminile. Conserva la tua posizione senza essere presuntuoso, sii condiscendente senza spadroneggiare. Questa è la cortesia.

Ciò che dà vita agli uomini è la Via, ciò che li matura è la virtù, ciò che li fa amare è l’umanità, ciò che li fa retti è la giustizia, ciò che li fa seri è la cortesia.

Il principio fondamentale dell’ascolto è svuotare la mente in modo che sia chiara e calma: metti da parte ogni sensazione, ogni pensiero, ogni riflessione. Concentra la vitalità della mente in modo che si accumuli e che l’attenzione interiore sia al suo massimo. Ottenuto tutto ciò, devi stabilizzarlo e conservarlo, devi estenderlo e perpetuarlo.

Gli uomini hanno atteggiamenti, aromoniosi o ribelli, che dipendono dalla mente. Quando la mente è disciplinata, l’atteggiamento è armonioso; quando la mente è indisciplinata, l’atteggiamento è ribelle.
Se realizzi la Via, allora la mente è disciplinata; se perdi la Via, allora la mente è indisciplinata.
Quando la mente è disciplinata, le relazioni sociali sono pacifiche. Quando la mente è indisciplinata, le relazioni sociali sono conflittuali.
La Via della Natura è come un’eco che risponde ad un suono; quando la virtù si accumula, allora sorge la fortuna; quando si accumulano i vizi, allora sorgono le contese.
Se sei attento sia alla fine che al principio, niente ti andrà male.

La Via consiste nel seguire la propria strada e nell’attendere l’indicazione del destino.
Quando la mente interiore è calma e quieta, i suoi poteri sono immensi.
Se non ci si spaventa per ogni cane che abbaia, si è fiduciosi nella giustezza della propria condizione e niente  fuori posto.
Anche se si ha un intelletto brillante, esso deve ritornare allo spirito: questo è il grande potere.” (Wen-tzu, antico testo taoista del II secolo a.C.)

E poi giunge il momento di esercitare la propria attitudine ad un atteggiamento meditativo.

Torniamo al corpo per scoprire come siamo sempre in una modalità di appropriazione, di mani pronte ad afferrare, di mandibole serrate, di piedi arpionati al suolo. E facciamo di contro l’esperienza di lasciare andare. Sulla scia degli insegnamenti di Jean Klein evochiamo sotto i palmi delle mani e le piante dei piedi grandi palloni in dilatazione… consentiamo ad un succoso frutto maturo di crescere nella nostra bocca… sentiamo il riverbero di queste sensazioni tattili investire le orecchie, le spalle, il dorso…

Prendere, lasciare…

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Pranayama

Bhramari Pranayama

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 “L’ape”

Si tratta di un pranayama che deve il suo nome al particolare suono prodotto dall’attrito dell’aria contro il velo pendulo del palato molle. Sia inspirazione che espirazione vengono effettuate con entrambe le narici, ma il suono risulta più intenso (simile a quello prodotto dall’ape maschio) durante l’inspirazione (puraka) e più attenuto (ricordando la più delicata ape femmina) durante l’espirazione (recaka).

“L’inspirazione, molto violenta, deve produrre un suono simile al ronzio di un’ape maschio; l’espirazione, molto delicata, quello di un’ape femmina. Grazie alla pratica di questo esercizio, beatitudine e piacere sorgeranno nella mente dei migliori tra gli yogin.” – Svatmarama – La lucerna dello hatha-yoga (Hatha-yoga-pradîpikâ, II, 68) a cura di Giuseppe Spera (Ed. Magnanelli)

Tecnica di base:

  • sedete in una qualsiasi comoda posizione meditativa; potete anche sedere su una coperta arrotolata, come accucciati, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia flesse;
  • tappate le orecchie con i pollici, poggiando le altre dita sulla testa, oppure utilizzate il dito indice o il medio per tappare le orecchie;
  • le mascelle devono essere rilassate e i denti leggermente separati;
  • inspirate velocemente attraverso il naso producendo un suono che riecheggia quello dell’ape maschio;
  • espirate lentamente mentre emettete dolce-mente un suono profondo, continuo e ronzante come quello dell’ape femmina;
  • il suono, sia in fase inspiratoria che espiratoria, deve essere sommesso e profondo, e risuonare nella parte frontale del cranio;
  • praticate da dieci a quindici cicli;
  • una volta concluso, tenete gli occhi chiusi e ascoltate qualsiasi suono sottile che si manifesti nella vostra mente, oltre il normale senso dell’udito.

“A metà della notte, in un luogo privo di voci di esseri viventi, chiuse le orecchie con le mani, si eseguano inspirazione e ritenzione.

E si ascolti allora all’orecchio destro un suono interiore auspicioso: dapprima uno stridere di grilli, poi un suono di flauto;

poi ancora un tuono, un ronzio d’api, uno scampanio, un suono di cembali, di turi (una varietà di tromba) e di vari tamburi, quali bheri, mrdanga e altri.

Da una siffatta costante pratica scaturisce questo vario suono, che è la risonanza (dhvani) del suono eterno (anahata).

In quella risonanza è una luce, e a quella luce si rivolge la mente (manas). Quando Ia mente vi si dissolve, ecco la suprema dimora di Visnu. Così, chi realizza la perfezione della bhramari realizza la perfezione dell’enstàsi (samâdhi).” – Insegnamenti sullo Yoga (Gheranda-samhitâ, V, 73-77) a cura di Stefano Fossati (Ed. Magnanelli)

Benefici:

  • favorisce la concentrazione;
  • calma la mente.
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Strumenti

Marimba

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“…della famiglia degli xilofoni, la marimba è una specie di ape regina: vasta, maestosa, elegantissima con la sua collana di pregiati legni scuri, con la sua voce ora profonda ora svettante, sensuale ma anche tagliente.

Fra le immagini sonore dell’”altro”, la marimba – ma lo stesso vale per il suo fratello più piccolo, lo xilofono – è una delle più seducenti; dimostrazione di come l’esotico, il diverso, l’ancestrale, opportunamente raffinati e tecnologizzati, sono entrati a far parte del vasto arsenale della musica d’arte occidentale.

In una partitura, anche la più seriosa, la marimba è come una spezia o un profumo, un aroma specialissimo da dosare attentamente. E non di rado lo scoppiettare della marimba è l’ancora di salvezza per musiche alquanto deficitarie in materia di appeal.

Fra le mani giuste, lo zampillare rapinoso di quei legni percossi suona come una sorta di antica leggenda di come la musica nacque e di come continuerà.”

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Storie, racconti e poesie

L’andatura

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Molto tempo fa, nella Cina dei T’ang, un monaco anziano andava in pellegrinaggio al monte Wu-t’ai, residenza di Manjusri, il bodhisattva della saggezza. Vecchio e debole com’era, andava per la lunga strada polverosa da solo, lentamente, chiedendo l’elemosina lungo la via.

Dopo molti interminabili mesi di cammino, un bel mattino, guardando in alto, vide in lontananza la maestosa montagna. Vicino al bordo della strada c’era una vecchia che lavorava il campo. «Per favore – le chiese – dimmi quanto manca per arrivare al monte Wu-t’ai».

La donna lo guardò appena, emise un suono gutturale e si rimise a zappare. Il monaco ripeté la domanda una seconda e una terza volta, ma sempre senza risposta. Pensando che fosse sorda, decise di tirar dritto. Ma dopo aver fatto alcune dozzine di passi, udì la voce della vecchia: «Ancora due giorni. Ti ci vorranno ancora due giorni».

Piuttosto infastidito, il monaco rispose: «Pensavo che fossi sorda. Perché non hai risposto prima alla mia domanda?». E la vecchia: «Mi hai fatto la domanda mentre eri fermo, padrone. Per risponderti dovevo vedere quale fosse la tua andatura!».