Due anni complessi quelli appena trascorsi, ed il futuro non ha nubi meno fosche all’orizzonte. Questa breve premessa è forse già da sola sufficiente a spiegare perché alcuni esseri umani, ed io fra questi, si trovino ad affrontare resistenze nel corpo e nella mente sconosciute fino a qualche tempo fa. Certo, il tempo scorre ed il processo naturale d’invecchiamento fa il suo corso, ma per alcuni Crono sembra presentarsi come elegante galantuomo, per altri come arrogante macellaio.
Come reagiamo di fronte ad un’immagine di noi stessi in cui non ci riconosciamo? Come facciamo pace con un corpo che non risponde secondo gli standard (nostri o della società)? Come accettiamo la mente che come un tarlo scava facendo dell’autocritica uno strumento di tortura?
La tentazione di lasciarsi andare all’autocommiserazione sa diventare davvero pericolosa e pervasiva e, accompagnandosi alla mancanza d’amore per sé, rischia di trasformarsi in autolesionismo.
Come in molti momenti difficili o bui, accade a volte che la magia di un incontro si materializzi. Per me è la voce di un Maestro, l’eco di una Tradizione, il dono della Grazia.
Un insegnante di yoga è qualcuno che ha studiato con intensità i suoi propri blocchi e limiti. Ha riconosciuto che i suoi blocchi e limiti provengono sempre da una rappresentazione di se stesso. Ha visto che tutte le critiche che ha verso gli altri e verso se stesso vengono sempre dall’immagine che ha di se stesso. Si è reso conto che tutte le sue sofferenze vengono sempre da se stesso, mai dall’esterno, e che l’esterno lo riconduce al suo proprio blocco. Si è reso conto che se non ha questa immagine interiore, nessun avvenimento esterno può aggredirlo. È il cuore dell’insegnamento dello yoga.
In seguito, lo yoga trasmette questa visione, mettendo di nuovo in questione sensorialmente i limiti del corpo, affinché il corpo divenga aperto, sensibile; affinché l’esterno divenga l’interno e che non si possa più essere aggrediti. Come nelle arti marziali quando si riceve un colpo: viene assorbito. Lo yoga insegna ad assorbire la vita senza resistere. Occorre avere la convinzione profonda che ogni problematica esteriore è la mia problematica. Non viene mai dall’esterno.
L’insegnante è colui che ha vissuto e visto ciò in numerosi elementi della sua vita e che potrà aiutare l’allievo a vivere questa trasformazione. Più l’insegnante ha avuto dei problemi, più è stato traumatizzato, e più avrà una qualità terapeutica funzionale, perché sarà passato attraverso gli stessi handicap dell’allievo.
Allo stesso modo, più il corpo dell’insegnante è un corpo difficile, più egli sarà un buon insegnante, perché troverà nell’allievo le stesse difficoltà e potrà aiutarlo. Chi ha un corpo facile, che non ha mai sentito un blocco, che ha una psiche assai chiara, che è nato in maniera chiara, avrà una maggiore difficoltà a trovare la pedagogia necessaria all’allievo.
L’insegnante di yoga è colui che ha anzitutto un ascolto di se stesso. In seguito lo traspone agli allievi. È per questo che non si dovrebbero mai accettare coloro che vogliono apprendere questo approccio per insegnarlo, perché arrivano con un’intenzione. Non vengono per ascoltare, ma per un mestiere. Normalmente, la persona viene per passione, per scoprire come ascoltare la sua problematica, il suo corpo, la sua vita affettiva. Eventualmente, questo ascolto si trasmetterà più tardi a chi gli sta intorno nella forma di un insegnamento. È un “brutto segno aver l’idea di insegnare quando non si è nemmeno iniziato ad ascoltarsi. Generalmente, è qualcuno che non avrà la capacità di essere un insegnante funzionale.
Una disciplina deve essere intrapresa per amore e non per interesse.
In seguito, la funzionalità si mette in atto. È la stessa cosa per la musica o per la danza. Chi vuole imparare il violino per diventare professore di violino, non sarà mai un buon violinista. Si pratica il violino per amore; in seguito eventualmente si trasmette la pedagogia che si è scoperto.
Si dovrebbero accettare quelli che vogliono impararlo per scoprire cosa c’è di bloccato, di limitato in loro stessi. Eventualmente, più tardi, la vita farà sì che queste persone trasmetteranno questo stesso orientamento. Questo non ha mai fatto parte di un progetto. È per questo che non vi sono mai formazione e insegnamento di yoga possibili, né una progressione. Non si possono formare degli insegnanti. Si possono unicamente formare persone che ascoltano e stimolare in loro l’umiltà per mettersi all’ascolto. Ma chi vuole impararlo per insegnare farebbe meglio a rivolgersi ad un altro sistema di yoga. Il corpus dello śivaismo del Kaśmīr non ha posto per il minimo arrivismo, per la minima appropriazione, per la minima professionalizzazione.”
Passi da Éric Baret 250 Domande sullo Yoga di Marie-Claire Reigner