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Buone cause

Un dono per il Mustang

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Il Monastero della Grotta del Sole: un faro di cultura e speranza nel Mustang

Il Monastero della Grotta del Sole (di cui avevamo già parlato in questo articolo), noto anche come Nyphug Gompa, è un antico monastero buddhista tibetano situato nella regione dell’Upper Mustang, in Nepal. Fondato 800 anni fa dal principe e santo buddhista Lo Khenchen, il monastero ha avuto origine dalle grotte utilizzate per i ritiri spirituali, da cui deriva il nome “Grotta del Sole”. 

La presenza del monastero è fondamentale per la conservazione della cultura e dell’identità del popolo Mustangi, poiché il buddhismo è strettamente intrecciato con la loro vita quotidiana. Inoltre, l’80% dei bambini accolti proviene da famiglie estremamente povere; senza il supporto del monastero, non avrebbero un futuro. 

Per garantire un ambiente più adatto ai giovani monaci, soprattutto durante i rigidi inverni del Mustang, è stata istituita una scuola monastica nella zona più temperata di Pokhara. Tuttavia, la recente costruzione di un aeroporto internazionale nelle vicinanze rappresenta una nuova sfida, rendendo urgente il trasferimento della scuola in una zona rurale più sicura e salubre. 

Il sostegno di 4’33” Yoga & Percussioni

In questo periodo natalizio, 4’33” Yoga & Percussioni è lieto di annunciare una donazione di € 600 a favore del Monastero della Grotta del Sole. Questo contributo è stato possibile grazie alla partecipazione attiva e al sostegno di tutti i membri e partecipanti alle nostre attività.

La donazione mira a supportare i progetti del monastero. Siamo convinti che l’educazione e la preservazione culturale siano pilastri fondamentali per il futuro delle nuove generazioni, e siamo onorati di poter contribuire a questa causa.

Un ringraziamento speciale

Desideriamo esprimere la nostra profonda gratitudine a tutti coloro che hanno partecipato alle nostre attività, rendendo possibile questo gesto di solidarietà. Il vostro impegno e la vostra generosità hanno un impatto reale e positivo nella vita dei giovani monaci del Monastero della Grotta del Sole.

Per sapere di più sul monastero e sulle sue attività, vi invitiamo a visitare il loro sito web: 

Il Monastero Della Grotta Del Sole

Inoltre potete seguire gli Amici del Monastero SunCave sul gruppo Facebook dedicato:

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Grazie di cuore per il vostro sostegno che ancora una volta rende il Natale ancora più buono!

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Letture e spunti Maestri Yoga & Meditazione

Vijñāna Bhairava – Dhāranā 6 – Śloka 29

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La sesta delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) descrive un’esperienza meditativa in cui l’energia divina, chiamata śakti, si muove attraverso i centri sottili (cakra) del corpo in una sequenza ascendente. L’energia è visualizzata o percepita come un lampo, rapido e vibrante, che collega ciascun cakra al successivo fino a raggiungere il dvādaśānta. Quest’ultimo si trova a circa dodici dita, o tre pugni, sopra la corona della testa.

La conclusione del movimento energetico porta alla “Grande Alba” (mahodayā), un termine che allude a uno stato di liberazione spirituale, risveglio completo o illuminazione. Questo processo non è solo simbolico, ma può essere vissuto come un’esperienza concreta.

Il verso evidenzia la natura dinamica del percorso energetico e riflette l’essenza del tantrismo: utilizzare il corpo e il sistema energetico come strumenti per trascendere la dualità e accedere a stati di unità divina.

Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.

29. [Questa potenza giova meditarla] ascendente, simile a un lampo, via via attraverso le varie ruote, su su fino allo dvādaśānta: così, alla fine, si invera il grande sorgere [di Bhairava).

Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989

29. (Si mediti su) la Śakti ascendente nella forma di un lampo, mentre si muove verso l’alto da un cakra all’altro fino a raggiungere dvādaśānta. Alla fine si manifesta il grande Risveglio.

Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: La Śakti sorge, udgacchantīṃ, e appare nella forma di un lampo. Essa non si muove direttamente dal mūlādhāra al brahmarandhra, ma ascende in maniera successiva (praticakram). Questo è il movimento del prāṇa-kuṇḍalinī. Ad esempio, sale dal mūlādhāra-cakra al cakra dell’ombelico [nābh], dall’ombelico al cuore [hṛdaya], dal cuore alla gola [kaṇṭha], dalla gola al bhṛūmadhya, e dal bhṛūmadhya al brahmarandhra.

29. Medita su quella stessa Śakti simile a un lampo (cioè Kuṇḍalinī), che si muove verso l’alto passando successivamente da un centro di energia (cakra) all’altro, fino a tre pugni sopra, ovvero dvādaśānta. Alla fine, si può sperimentare la magnifica ascesa di Bhairava.

Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. Questo dvādaśānta si riferisce anche al brahmarandhra.
2. Qui si descrive l’ascesa della Kuṇḍalinī che, perforando successivamente tutti i cakra o centri di energia, alla fine si dissolve nel brahmarandhra. Questo processo è noto come prāṇa-kuṇḍalinī.
La differenza tra questa dhāraṇā (tecnica meditativa) e quella precedente consiste nel fatto che, in questa pratica, la Kuṇḍalinī si muove successivamente attraverso i cakra e alla fine si dissolve nel brahmarandhra, mentre nella precedente dhāraṇā, la Kuṇḍalinī sorge direttamente dal mūlādhāra al brahmarandhra e si dissolve in esso senza passare attraverso i cakra intermedi.
Jayaratha cita questa tecnica nel suo commento al Tantrāloka (v. 88). Questo è śaktopāya.

29. (Contempla Kuṇḍalinī, il potere del respiro vitale) nella forma di un lampo, che ascende attraverso ciascun Cakra (uno dopo l’altro) in ordine, fino al limite superiore dei Dodici, finché, alla fine, avviene il Grande Risveglio!

Mark Dyczkowski

Immagina la Śakti che sorge come un lampo, passando da un centro sottile (cakra) al successivo in successione. Quando raggiunge il centro più alto, tre pugni sopra la corona, si verifica la Grande Alba della liberazione [e prosperità].

Christopher D. Wallis

Nessuna frustrazione se inizialmente non si sente nulla di concreto. La pratica usa l’immaginazione come strumento per focalizzare la coscienza, creando una “mappa” che l’energia seguirà. La frequentazione regolare di questa dhāranā consentirà la transizione dall’immaginazione ad una esperienza diretta chiara e palpabile.

Per ulteriori approfondimenti circa l’ascesa di Kuṇḍalinī è possibile fare riferimento al Tantrāloka di Abhinavagupta e al suo commento, il Tantrālokaviveka di Jayaratha (in particolare versi 88 e 89).

Nota: Le citazioni, eccetto quella di Sironi, sono state tradotte in italiano dalla sottoscritta a partire dall’originale in inglese.

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Letture e spunti Maestri Yoga & Meditazione

Vijñāna Bhairava – Dhāranā 5 – Śloka 28

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La quinta delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) introduce un’importante pratica tantrica incentrata sulla risalita dell’energia, o ascesa di Kuṇḍalinī, attraverso il canale centrale (madhya-nāḍī) e descrive un metodo per raggiungere uno stato di consapevolezza intensificata, espansa, spaziosa, aperta, di quiete gioiosa e beata (stato di Bhairava).

Prima di affrontare la lettura del testo vale forse la pena ricordare alcuni elementi essenziali.

Il Canale Centrale:

  • Non coincide con la colonna vertebrale come spesso erroneamente interpretato nello yoga moderno; piuttosto la spina dorsale è un riverbero fisico del canale centrale, che è una realtà energetica sottile;
  • È perfettamente dritto e corre dal pavimento pelvico (ad indicare che l’energia sessuale è intimamente correlata a Kuṇḍalinī-śakti) alla sommità della testa per la larghezza circa di un dito;
  • La sua importanza è una caratteristica distintiva dello yoga tantrico.

La Kuṇḍalinī:

  • All’epoca della redazione del testo (IX secolo) aveva un significato diverso dall’attuale;
  • Si riferiva principalmente all’energia collegata alla risonanza e alla vibrazione mantrica e al potere fonemico, non all’energia più in generale, come normalmente intesa oggi.

Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.

28. Su dalla radice, luminosa di raggi, più sottile del sottile, giova meditare come questa [potenza] si acquieti alla fine nello dvādaśānta: in tal modo si ha il sorgere di Bhairava.

Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: In questa e nelle seguenti stanze si allude a pratiche meditative connesse con il risveglio della kuṇḍalinī. La kuṇḍalinī è l’energia vitale (qui identificata con la potenza del soffio vitale) che, rappresentata da un serpente arrotolato, riposa assopita alla radice della spina dorsale, sotto i genitali. Lo yogin, risvegliatala, la sospinge verso la sommità del capo, dove essa fuoriesce attraverso il foro di Brahmā [brahmarandhra, per librarsi nell’etere sovrastante e riunirsi, nello dvādaśānta, con Śiva. Il percorso ascensionale della kuṇḍalinī è scandito dalle ruote o cakra che, in diverso numero secondo le scuole, sono disposte lungo l’asse centrale fisicamente identificato con la spina dorsale. Ogni ruota deve essere meditata proiettando su di essa via via differenti fonemi o mantra.

28. Medita sulla Śakti che sorge dal mūlādhāra (cakra), luminosa come i raggi del sole, e che diventa sempre più sottile fino a dissolversi nello dvādaśānta. Allora sorgerà lo stato di Bhairava.

Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: Questo è lo stato in cui ci si concentra su quella prāṇa-śakti che sorge nella forma di kuṇḍalinī. Dal mūlādhāra cakra allo ūrdhva-dvādaśānta […] ūrdhva-dvādaśānta corrisponde qui al brahmarandhra. La kuṇḍalinī sorge dal mūlādhāra […] Non si solleva lungo il percorso del respiro, ma si innalza direttamente dal mūlādhāra al brahmarandhra […]. Devi contemplare quella prāṇa-śakti che sorge dal mūla […], nella forma di raggi. E quei raggi sono i più sottili […]. Quando contempli quella prāṇa-śakti in questo modo […], quando quella prāṇa-śakti prende dimora nel brahmarandhra […] e si placa lì, stabilendosi in completa tranquillità, lo stato di Bhairava viene rivelato. Questo è l’innalzamento della prāṇa-śakti nella forma di kuṇḍalinī.

28. Medita sulla Śakti1 che sorge dal mūlādhāra cakra2, scintillante come i raggi del sole, e che diventa sempre più sottile fino a dissolversi nello dvādaśānta3. Così si manifesta Bhairava4.

Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. Śakti qui si riferisce alla prāṇa-śakti, che risiede come prāṇa-kuṇḍalinī nell’interno del corpo. La kuṇḍalinī giace avvolta in 3 giri e mezzo nel mūlādhāra.
2. Il mūlādhāra cakra si trova nella regione spinale sotto i genitali. Un cakra è un centro di energia prāṇica situato nel prāṇamaya kośa, all’interno del corpo. Questa pratica (dhāraṇā) riguarda l’innalzamento della kuṇḍalinī, che in un lampo raggiunge il dvādaśānta (o brahmarandhra, il cakra situato sulla sommità del capo) e si dissolve in esso. Questo fenomeno è noto come cit-kuṇḍalinī o akrama kuṇḍalinī, ossia la kuṇḍalinī che non passa successivamente attraverso i cakra ma va direttamente al brahmarandhra.
3. Dviṣaṭkānte (due volte sei) indica lo dvādaśānta, che si trova a una distanza di 12 dita dal centro delle sopracciglia (bhrūmadhya).
4. Nello dvādaśānta o brahmarandhra, la kuṇḍalinī si dissolve nel prakāśa (luce di coscienza) che dimora nel brahmarandhra. In quel prakāśa si rivela la natura di Bhairava.
Poiché questa dhāraṇā dipende dalla contemplazione (bhāvanā) della prāṇa-śakti, è considerata un āṇava-upāya. Tuttavia, il Netra Tantra la interpreta come un śāmbhava-upāya.

Si dovrebbe pensare alla luce dei raggi (dell’energia del soffio vitale che brillano) dalla Radice, più sottile del sottile, che si placa nello dvādaśānta (la Fine dei Dodici), dove Bhairava emerge.

Mark Dyczkowski

Immagina la forma più sottile possibile del prāṇa come raggi di luce che brillano verso l’alto dalla radice [del canale centrale] e si dissolvono pacificamente nel centro più alto sopra la sommità del capo; allora sorge Bhairava (la consapevolezza spaziosa).

Christopher D. Wallis

La pratica si adatta al livello di esperienza del praticante. Per i principianti “vedere” questa luce scintillante significa “immaginare”, mentre per i più esperti significa “meditare su” ciò che già sperimentano direttamente.

Questi raggi luminosi seguono un percorso ascendente e gradualmente si dissolvono sopra la corona della testa. Questo punto rappresenta il limite superiore del corpo sottile (talvolta chiamato “aura”), dove la luce si fonde nell’esperienza dell’Assoluto.

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Letture e spunti Maestri Pranayama Yoga & Meditazione

Vijñāna Bhairava – Dhāranā 4 – Śloka 27

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La quarta delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) evoca la nostra presenza tranquilla, imperturbabile, eterna sullo sfondo di ogni accadimento. Attingere alla pace profonda è non solo possibile, ma anche immediatamente disponibile. Questa straordinaria scoperta si cela dietro ad ogni respiro e alle sue pause.

Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.

27. Quando [questa potenza del soffio vitale] espirata è trattenuta o inspirata è trattenuta, alla fine di ciò, essa prende il nome di pacificata; e in virtù di questa potenza, uno risplende pacificato.

Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: «Quando espirata è trattenuta o inspirata è trattenuta», cioè quando la potenza del soffio vitale, nella forma o nel momento dell’espirazione, è trattenuta fuori, nello dvādaśānta, e nella forma o nel momento dell’inspirazione, è trattenuta dentro, nel cuore.

27. Quando (l’Energia del Respiro) viene mantenuta sia all’esterno che all’interno, alla fine (di questa pratica) lo stato di pace viene rivelato per mezzo di Śakti.

Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: Questa è una pratica con un piccolo sforzo, ciò che si chiama hatha yoga. Quando l’inspiro entra e raggiunge il cuore, fermati un attimo e portalo fuori. Quando raggiunge dvādaśānta all’esterno, allora fermati. Aspetta. Non riportarlo dentro rapidamente, aspetta. Quando espiri questa energia del respiro, fermala all’esterno per un po’. Non si tratta di fermarla per sempre. Basta fermarla per mezzo minuto o un quarto di minuto. Quello è kumbhaka. Kumbhaka non é fermare il respiro con tutta la forza, ma solo finché si può farlo facilmente. […]
Fallo per sei ore al giorno. Non è una pratica dannosa. Devi trattenerlo solo per dieci secondi all’esterno e dieci secondi all’interno. […]
Alla fine cosa succede? […] È śanta, lo stato di pace, pieno di pace […] assolutamente tranquillo, calmo. […]
Quindi è ānavopāya che diventa śaktopāya, perché finché c’è kumbhaka è ānavopāya […] c’è il funzionamento della mente. […] E quando raggiungi lo stato di Sadāśiva placato, allora è śaktopāya.

27. Quando Śakti sotto forma di espirazione (recitā) viene trattenuta all’esterno (in dvādaśānta), e sotto forma di inalazione (pūritā) viene mantenuta all’interno (in hrt o al centro), quindi alla fine di questa pratica, Śakti è conosciuta come Śanta o tranquillizzata e attraverso Śakti Śanta Bhairava3 è rivelato.

Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. Per mezzo della pratica continua di kumbhaka o di ritenzione del respiro nel modo di cui sopra, si sperimenta la tranquillità fisica e mentale e si sviluppa madhya daśa. Il senso di bheda o differenza tra prana e apana scompare. Ecco perché questo prāna śakti è conosciuto come śanta.
2. A causa della scomparsa di bheda o della differenza tra prāna e apāna, Śakti è conosciuta comeŚanta o ciò che in questo contesto significa “sotto”, “cessato”.
3. Bhairava (il sé divino) è chiamato Śanta (pace) perché trascende tutti i limiti del nome e della forma e in Lui non c’è traccia di differenza o dualità. Questa dhāranā è un tipo di ānava upāya.

Oppure, quando il respiro è tutto fuori e fermato da sé, o tutto dentro e fermato – in tale pausa universale, il piccolo io di ognuno svanisce. Questo è difficile solo per l’impuro.

Il libro dei segreti – Osho – Bompiani, 2013
Commentato come segue: […] Il tuo piccolo io è utile solo nella vita quotidiana: in casi d’emergenza non te ne puoi ricordare. La tua identità, il tuo il nome, il conto in banca, il prestigio: tutte queste cose evaporano nel momento in cui la tua auto si sta schiantando contro un’altra; tra un attimo ci sarà solo la morte. In questo istante ci sarà una pausa, perfino per chi è impuro. All’improvviso il respiro si arresta: se riesci a essere consapevole in quell’istante, puoi raggiungere la meta.
Se la tua mente è pura – pura significa che non stai desiderando, bramando, cercando nulla – silentemente pura, innocentemente pura, puoi essere seduto, e all’improvviso il tuo respiro si ferma. Ricorda: il movimento della mente ha bisogno del movimento del respiro.

27. Alla fine dell’espirazione o dell’ inspirazione il movimento si sospende, l’energia si acquieta. In questa pausa l’istante pacificato si rivela.

La via del reale. Yoga tantrico – Ritorno a sé – Nathalie Delay – OM, 2023
Commentato come segue: Morire alla fine di ogni espirazione. Lasciarsi fondere nel Mriposo che la segue e gustare il sapore unico del proprio annientamento. La speranza di ottenere o di trovare qualcosa, ci lascia. La nostra storia evapora. Viviamo un momento di resa totale, dove il tempo scompare. Assolutamente non misurare il tempo di ritenzione, non cercare di allungarlo: sarebbe un attentato a uno spazio dove il tempo non esiste. Lasciar invece dissolvere le nostre intenzioni. La pausa si allunga da sola, senza sforzo. Questo non-tempo è una porta verso l’Essenziale.
Velocemente può emergere il panico davanti alla sensazione di dissoluzione. Fatichiamo a lasciarci andare e non permettiamo che il vuoto si affermi. Ci affrettiamo a riempirlo con la successiva inspirazione. Eppure, nel vuoto che segue l’espirazione si trova una pienezza che nessun oggetto esterno potrà mai offrirci.
Si tratta della pienezza del nostro essere. Quando il bisogno di considerarci come un’entità autonoma scompare, possiamo fondere nella pura presenza e assaporare il nettare del’ unita.
La pausa dell’espirazione è un momento privilegiato per rendersi conto dell’identità illusoria alla quale siamo legati per incomprensione. In quell’arresto di tutte le attività la nostra vera natura risplende, se le lasciamo lo spazio per farlo. […]

Quando il potere del respiro, chiamato śānta o “quiescente/pacifico” (il potere del respiro in pausa che trattiene tutta l’energia di prāna-śakti, la forza vitale) viene trattenuto dopo l’inspirazione o anche dopo l’espirazione, allora alla fine di quel momento di profonda quiete, il Tranquillo si manifesta attraverso quel potere, cioè prāna-śakti. Tranquillo, in questo contesto non duale, può essere interpretato come la nostra stessa calma presenza, sempre lì, sullo sfondo di ogni cosa, in attesa di essere scoperta.

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Letture e spunti Mantra Yoga & Meditazione

Asato mā: dal non essere all’essere

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Nella Brhadāranyaka-upanisad si trova un magnifico auspicio, profondamente radicato nelle menti e nei cuori dei maestri del Vedānta, ossia la parte conclusiva dei Veda.

Colui che conosce il fondamento del sāman (forza vitale) ha salde radici. Il fondamento sāman è la parola: fondandosi infatti sulla parola il soffio diventa canto. […]

Brhadāranyaka-upanisad 1.3.27

Ora segue la recitazione delle formule purificatorie. Il prastotar (sacerdote) deve intonare il sāman. Quando il sacerdote intona, canta questi versi:

om asato mā sadgamaya [conducimi dal non essere all’essere]
tamaso mā jyotirgamaya [conducimi dalle tenebre alla luce]
mrtyormā amrtam gamaya [conducimi dalla morte all’immortalità]
om śāntih śāntih śāntih [om, pace (in me), pace (in natura), pace (nelle forze divine)]

Brhadāranyaka-upanisad 1.3.28

Nel Vedānta, l’essere è strettamente associato al concetto di Brahman, che rappresenta l’Essere puro e assoluto. Brahman è la realtà ultima, infinita e onnipervadente, da cui tutto emana e in cui tutto ritorna. È descritto come eterno, immutabile e privo di attributi specifici (nirguna), ma può anche essere concepito con attributi (saguna) per facilitare la comprensione umana. Secondo il Vedānta, l’essere individuale (ātman) è identico a Brahman. Questa identità è espressa nella famosa formula “Tat Tvam Asi” (Tu sei Quello), che sottolinea l’unità tra l’io individuale e l’Essere universale, sintetizzando l’intera dottrina advaita. La realizzazione di questa unità è l’obiettivo ultimo della pratica spirituale nel Vedānta, portando alla liberazione (moksha) dall’illusione della separazione e dalla sofferenza.

La salvezza, nella speculazione indiana, diventa quindi l’emancipazione dal samsāra (catena delle rinascite) e la fusione con il Brahman. Mentre per l’occidentale l’idea di una rinascita sulla terra potrebbe sembrare perfino desiderabile, nelle dottrine metafisiche indiane, al contrario, il timore di rimanere intrappolati in questo ciclo doloroso di morti e rinascite è visto come una condanna cui sfuggire.

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Letture e spunti Maestri Yoga & Meditazione

Vijñāna Bhairava – Dhāranā 3 – Śloka 26

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La terza delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) si manifesta quando si è così immersi nel centro energetico che il pensiero discorsivo, il chiacchericcio mentale che ci abita costantemente, finalmente si placa, fino a scomparire. Si è semplicemente presenti in questo spazio centrale aperto e vibrante, senza pensare, in uno stato di sospensione del respiro. Quando l’attenzione si concentra su questo centro e i pensieri (vikalpa) si dissolvono, tutto si sospende, permettendo di percepire la beatitudine (ananda), la realtà più intima di ogni cosa, situata nel punto più profondo e protetto, il centro dell’essere.

Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.

26. La potenza propria del soffro vitale più non esce, più non entra, dischiusosi che sia il punto di mezzo, in virtù dell’assenza di ogni pensiero discorsivo. Grazie ad essa si invera la condizione di Bhairava.

Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: Il kumbhaka o ritenzione dei soffi vitali è il terzo momento del prānāyāma, la regolazione yoghica della respirazione. Lo yogin, ritmando e rallentando il movimento del respiro, compie tre operazioni: inspirazione (pūraka), espirazione (recaka) e ritenzione (kumbhaka).
La respirazione è connessa coi diversi stati mentali ed è quindi uno dei mezzi principali a nostra disposizione per intervenire su di essi: in altre parole, ogni stato di coscienza può essere esperito, conosciuto, penetrato e controllato con una adeguata regolazione della respirazione.
Tale pratica porta ad una costante consapevolezza ed attenzione alle modalità del nostro pensiero e della nostra psiche: alla fine, si ha l’inverarsi dello stato supremo.

26. L’energia del respiro non dovrebbe né uscire né entrare; quando il centro si dischiude con la dissoluzione dei pensieri, allora si raggiunge la natura di Bhairava.

Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: Quando stabilisci la focalizzazione nella vena centrale (susumnā) […] l’energia del respiro non esce né entra, perché […] questa vena centrale è già mantenuta in un solo punto. […] Questo è śāmbhavopāya […] nessuna recitazione del mantra e nessuna oggettività in quella coscienza. È una consapevolezza spontanea e centrata. Non c’è supporto dei due vuoti, non c’è dualità.

26. Quando lo stato di mezzo si sviluppa per mezzo della dissoluzione di tutti i costrutti di pensiero dicotomizzanti1 prāna-śakti nella forma di espirazione (prāna) non esce dal centro (del corpo) verso dvādaśānta2, né quella śakti sotto forma di inalazione (apāna) entra nel centro da dvādaśānta. In questo modo per mezzo di Bhairavī che si esprime sotto forma di cessazione di prāna (espirazione) e apāna (inalazione), lì emerge lo stato di Bhairava3.

Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. In questa dhāranā, prāna (espirazione) e apāna (inalazione) cessano e madhya daśā si sviluppa cioè prānaśakti in susumnā si sviluppa per mezzo di nirvikalpabhāva, cioè con la cessazione di tutti i costrutti di pensiero; quindi viene rivelata la natura di Bhairava.
Sivopādhyāya nel suo commento dice che il nirvikalpabhāva è il risultato di Bhairavī mudrā in cui anche quando i sensi sono aperti verso l’esterno, l’attenzione è rivolta verso l’interno allo spanda interiore o pulsazione della coscienza creativa che è la base e il supporto di tutte le attività mentali e sensuali, quindi tutti i vikalpa o costrutti di pensiero cessano. Il respiro non esce, né entra, e la natura essenziale di Bhairava viene rivelata.
2. Dvādaśānta significa una distanza di 12 dita nello spazio esterno misurata dalla punta del naso.
3. La differenza tra la precedente dhāranā e questa sta nel fatto che mentre nella precedente dhāranā, madhya daśa si sviluppa attraverso la consapevolezza focalizzata delle pause di prāna e apāna , nella presente dhāranā, madhya daśa si sviluppa per mezzo di nirvikalpabhāva. […]

Oppure, ogni volta che l’inspirazione e l’espirazione si fondono, in questo istante tocca il centro privo di energia, pieno di energia.

Il libro dei segreti – Osho – Bompiani, 2013
Commentato come segue: […] Noi siamo divisi in centro e periferia. Il corpo è la periferia; noi conosciamo il corpo, conosciamo la periferia, conosciamo la circonferenza, ma non sappiamo dove sia il centro. Quando l’espirazione si fonde con l’inspirazione, quando diventano tutt’uno, quando non sei in grado di dire se si tratta di un’espirazione o di un’inspirazione, quando è difficile demarcare e definire se il respiro stia entrando oppure uscendo, quando il respiro è penetrato e comincia a uscire, in quell’attimo esiste una fusione: il respiro non esce né entra, è statico.[…] Il punto di fusione tra il respiro che entra e quello che esce è il tuo centro. […] Il respiro va costantemente al centro e ne esce, ma noi non respiriamo mai intensamente, per cui, normalmente, il respiro non tocca mai il nostro centro, non al giorno d’oggi, perlomeno. Ecco perché oggigiorno ci se sente tanto “scentrati”.

Sulla relazione tra respiro e attività del pensiero come conoscere differenziato (vikalpa), possiamo attingere da altre fonti autorevoli che ribadiscono i contenuti del nostro tantra:

Infatti, non essendovi più sorgere di nuovi movimenti respiratori, non può logicamente esservi neppure più molteplicità di conoscere, la quale è generata dalla molteplicità del tempo.

Luce delle sacre scritture (Tantrāloka) di Abhinavagupta, VII, 23 b-24 (a cura di Ranierio Gnoli) – UTET

17. Dalla dilatazione del centro si ha il conseguimento della beatitudine della Coscienza.

L’autocoscienza jivaica astratta dalle proprie sovrapposizioni velanti si fonde nella Coscienza pura di Paramaśiva perdendo per sempre qualsiasi limitazione. Lo yogin deve prima raccogliere la consapevolezza dispersa nella sfera sensoriale, in quella mentale, ecc., poi concentrarla nel punto focale centrale, quindi fissare tale posizione mantenendola scevra da qualsiasi appoggio o riferimento e alimentandola incessantemente fino a che, nel giusto tempo, il suo stesso essere-coscienza si risolve in modo del tutto spontaneo nella infinita spazialità adimensionale della Coscienza di Paramaśiva.

Pratyabhijñāhrdayam di Ksemaraja – Traduzione dal sanscrito, presentazione e note a cura di Kevalasangha

Alcuni “metodi” del Vijñāna Bhairava, come quello qui presentato, sembrano alludere ad esperienze che sorgono spontaneamente sul sentiero della meditazione, dove il respiro si fa sempre più sottile, avvicinandosi al nucleo più intimo del proprio essere, fino a fermarsi spontaneamente, insieme all’ideazione della mente, innescando l’espansione del centro (che denota sia il canale centrale che la consapevolezza-presenza che è il nucleo del proprio essere) e svelando lo “stato di Bhairava”, quest’ultimo essendo uno stato di vuoto profondamente immobile che è paradossalmente riempito con la quieta intensità della pura Presenza.

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Letture e spunti Maestri Yoga & Meditazione

Vijñāna Bhairava – Dhāranā 2 – Śloka 25

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La seconda delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) ci invita ad assaporare il riposo a pieno, alla fine dell’inspirazione, ed il riposo a vuoto, al termine dell’espirazione. Si tratta di occasioni concrete e sempre disponibili di incontrare la tranquillità. E se l’inspiro crea il mondo e l’espiro lo dissolve, tra i due vi è una pausa che è un vuoto vibrante, pieno di vita sottile, che può apparire come un abisso, ma che è invece l’essenza stessa della Presenza. Si tratta dello sfondo da cui tutto prende origine e in cui tutto si inabissa. E’ il supporto su cui tutto poggia, espressione di pura libertà.

Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.

25. Grazie al non ritorno del soffio vitale dai due eteri, fuori e dentro, si manifesta così, o Bhairavī, il corpo di Bhairava, di Bhairavī.

Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: […] Con l’espressione «fuori e dentro» ci si riferisce rispettivamente alla pausa del prāna nello dvādaśānta, esterno al corpo, e dell’apāna nel cuore, dentro il corpo. Il cuore e lo dvādaśānta sono concepiti come due eteri, spazi vuoti, simili ad un cielo senza macchia.

25. O Bhairavī, focalizzando la propria consapevolezza sui due vuoti (alla fine) del respiro interno ed esterno, così la forma gloriosa di Bhairava viene rivelata attraverso Bhairavī.

Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: […] Quando si mantiene la consapevolezza ininterrotta in questi due vuoti, internamente ed esternamente (c’è il vuoto interno e quello esterno) [la forma gloriosa di Bhairava viene rivelata]

25. Del respiro (espirazione o prāna) che nasce dall’interno, cioè dal centro del corpo (hrt) non c’è ritorno per una frazione di secondo dal dvādaśānta (una distanza di dodici dita dal naso nello spazio esterno), e del respiro (inspirazione o apāna che nasce da dvādaśānta, cioè dallo spazio esterno, non c’è ritorno per una frazione di secondo dal centro del corpo (hrt).1 Se si fissa la mente costantemente su questi due punti di pausa, si scoprirà che Bhairavī, la forma essenziale di Bhairava, si manifesta in quei due punti.2

Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. La pausa di prāna nel dvādaśānta è nota come bahih kumbhaka o pausa esterna. La pausa dell’apāna nel centro interno del corpo è nota come antah kumbhaka o pausa interna. Con l’anusandhāna o consapevolezza unidirezionale di queste due pause, la mente diventa introversa e l’attività sia di prāna che di apāna cessa, e c’è la risalita di madhya daśā, cioè il percorso del madhya nādi o susumnā diventa aperto.
2. Se si osservano mentalmente le due pause di cui sopra, si realizza la natura di Bhairava. Questo è ānava upāya in quanto questo processo coinvolge dhyāna o meditazione sui due kumbhaka o pause di prāna e apāna.

Come il respiro volge dal basso verso l’alto, ed ancora come curva dall’alto verso il basso – tramite entrambe queste svolte, realizza.

Il libro dei segreti – Osho – Bompiani, 2013
Commentato come segue: […] il respiro che entra è la metà di un cerchio, quello che esce è l’altra metà. Perciò comprendi: primo, l’inspirazione e l’espirazione creano un cerchio. Non sono due linee parallele, perché le linee parallele non si incontrano mai. Inoltre, non si tratta di due respiri, ma di uno solo. E’ lo stesso respiro che entra e poi esce, dunque, all’interno, deve esistere un punto di svolta: deve esistere un punto in cui li respiro entrante diventa uscente. […] Se sai guidare un’automobile, sai che ha le marce. Ogni volta che cambi marcia, devi mettere in folle, che non è affatto una marcia. […] Questa “messa in folle” è il punta di svolta […] Allo stesso modo, quando il respiro entra, e poi compie una svolta, è in folle; altrimenti non potrebbe svoltare! Passa per un territorio neutrale. In quel territorio non sei né corpo né anima, né fisico né mente, perché il fisico è una marcia del tuo essere, come pure la mente. Tu continui a passare da una marcia all’altra, ma devi per forza avere una messa in folle in cui non sei né corpo né mente. In quel “folle” semplicemente esisti: sei solo esistenza, pura, semplice, disincarnata, senza mente.

25. Se ci si esercita senza interruzione sulla coppia degli spazi vuoti, interno ed esterno, dei soffi inspirato ed espirato, l’essenza di Bhairava, che non differisce da Bhairavī, si rivela.

La via del reale. Yoga tantrico – Ritorno a sé – Nathalie Delay – OM, 2023
Commentato come segue: […] Assaporare il gusto particolare dell’inspirazione, poi dell’espirazione. Senza sforzo lasciar allungare e approfondire l’espirazione. Alla fine dell’espirazione, senza bloccare, il soffio si sospende naturalmente. Tocchiamo un istante di pura tranquillità.
Il tempo lineare si arresta. Abbiamo la sensazione di fare un salto nell’eternità. Poi l’onda del respiro riprende. Il corpo si riempie, si espande. Ricevere l’inspirazione. Quando termina, sentire la pienezza, senza attaccamento. Lasciare che l’onda ridiscenda, che il corpo si svuoti. Prendersi il tempo, e poi posarsi nel vuoto che segue, per percepirne il gusto delicato.

Ancora una volta l’invito è a praticare, secondo la propria sensibilità.

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Letture e spunti Maestri Yoga & Meditazione

Vijñāna Bhairava – Dhāranā 1 – Śloka 24

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Riconoscere che siamo già realizzati, in quanto forma del divino che si manifesta, può sembrarci un obiettivo irraggiungibile e vagamente autoreferenziale. Ma le 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) ci guidano nello svelamento di questa perfezione nascosta dalla “densità” del reale. Prendiamo in considerazione la prima di queste dhāranā, attingendo a varie traduzioni e commenti.

  1. In alto il soffio ascendente, in basso il soffio discendente. [Il soggetto che] proferisce [è la stessa] Dea, essenziata di emissione. Nel luogo della duplice nascita, si ha, in ragione dell’onnicomprensione, lo stato onnicomprensivo.
Vijnana bhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: L’emissione (visarga), corrispondente nell’alfabeto sanscrito all’inspirata muta H e qui identificata con la Dea, è il principio che dà origine al movimento respiratorio, costituito dal prāna, il soffio che ascende durante l’espirazione dal cuore allo dvādaśānta, e dall’apāna, il soffio che discende durante l’inspirazione dallo dvādaśānta al cuore.
Il visarga ha, nelle scuole śivaite, molteplici sensi e connotazioni: 1) visarga, metafisicamente, è l’emissione divina, l’atto della creazione; 2) visarga, fisicamente, è l’emissione seminale; 3) visarga, fonicamente, è l’emissione muta H, che simboleggia l’emissione o creazione del tutto.
Con l’espressione “luogo della duplice nascita” ci si riferisce al cuore e allo dvādaśānta, nei quali nascono e si estinguono i due soffi vitali, il prāna e l’apāna.
Nel momento in cui l’un soffo si è estinto e l’altro non è ancora sorto, cioè nel momento iniziale precedente ogni inspirazione ed espirazione, può inverarsi, nello yogin, un’esperienza o stato di coscienza di pienezza, « onnicomprensione», che contiene dentro di sé tutti i successivi movimenti della coscienza.
  1. Bhairava rispose: L’espirazione (prāna) dovrebbe ascendere e l’inspiro (jīva) dovrebbe discendere, (entrambi) formando un visarga (composto da due punti). Il loro stato di pienezza (si trova) fissandoli nei due luoghi di (loro) origine.
Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: Bhairavasya sthitih syāt: uno diventa uno con Bhairava a causa della Sua pienezza. Questo è collegato con ānavopāya. Non può essere śaktopāya o śāmbhavopāya, è ānavopāya, perché funziona nel campo oggettivo della coscienza. Devi portare il respiro dal cuore a dvādaśānta e riportarlo dal dvādaśānta al cuore nuovamente e recitare prāna e jīva. Recitare prāna significa recitare “sa” nel dvādaśānta esterno e amkāra di “ha” sarà recitato nel cuore. Quando il tuo respiro entra, finirà in “am”, quando lo espelli, finirà nel visarga: “sah” e se ti concentri su questi due punti di partenza, diventerai uno con Bhairava a causa della Sua pienezza. [Questo costituisce il mantra so’ham, “Io sono Lui”.] Questo è ānavopāya.
  1. Bhairava dice:
    Para devi o Śakti Suprema che è della natura di visarga1 continua (incessantemente) a esprimersi verso l’alto (ūrdhve) (dal centro del corpo a dvādaśānta2 o una distanza di dodici dita) sotto forma di espirazione (prāna) e verso il basso (adhah) (da dvādaśānta al centro del corpo) sotto forma di inspirazione (jīva o apāna)3. Con la fissazione costante della mente (bharanāt)4 nei due luoghi della loro origine (vale a dire, centro del corpo nel caso di prāna e dvādaśānta nel caso di apāna), c’è la situazione di pienezza (bharitāsthitih che è lo stato di parāśakti o natura di Bhairava)5.
Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. Visargātmā – che è della natura di visarga. La parola visarga significa lasciar andare, proiezione o creazione, cioè chi è creativo. La funzione creativa del Divino include due movimenti: verso l’esterno e verso l’interno o centrifugo e centripeto. Negli esseri viventi, il movimento verso l’esterno o centrifugo è rappresentato dall’espirazione o esalazione; il movimento verso l’interno o centripeto è rappresentato dall’inspirazione o dall’inalazione. Parā o parā devī o Parā śakti è designato come visargātmā, perché è con questo ritmo di movimento centrifugo e centripeto che porta avanti il ​​gioco della vita sia nel macrocosmo che nel microcosmo. Questo movimento è noto come uccāra o spandana o incessante pulsare di Parādevī. In sanscrito, visarga è rappresentato da due punti uno sopra l’altro. Un punto in questo caso è dvadasanta dove termina prana e l’altro è hrt o centro del corpo dove termina apāna. È per questi due punti che Parāśakti è conosciuta anche come visargātmā.
2. Dvādaśānta, che letteralmente significa “fine di dodici”, indica il punto a una distanza di 12 dita dalla punta del naso nello spazio esterno dove termina l’espirazione che nasce dal centro del corpo umano e passa attraverso la gola e il naso. Questo è noto come bāhya dvādaśānta o dvādaśānta esterno.
3. L’apāna o inalazione è chiamata jīva, perché è l’inalazione o il movimento di ritorno del respiro che è responsabile della vita.
4. Bharanāt qui significa tramite osservazione ravvicinata o consapevolezza univoca. Consapevolezza di cosa? Sivopādhyāya nel suo commento chiarisce questo punto nel modo seguente:”Bharanāditi qui significa con un’intenta consapevolezza di ciò che implicitamente è il lampo iniziale sempre risorto della śakti di Bhairava.”
5. La dhāranā o la pratica yogica a cui si fa riferimento in questo verso è la seguente:
Ci sono due punti o poli tra i quali la respirazione continua costantemente. Uno di questi è dvādaśānta nello spazio esterno dove prāna o espirazione finisce e l’altro hrt o il centro all’interno del corpo dove apāna o inspirazione finisce. In ognuno di questi punti, c’è viśrānti o riposo per una frazione di secondo. Il respiro non si ferma effettivamente lì del tutto, ma rimane nella forma di un palpito di śakti in animazione sospesa e poi di nuovo inizia il processo di respirazione. Si dovrebbe contemplare śakti che appare nel periodo di riposo e si dovrebbe rimanerne consapevoli anche mentre inizia il processo di respirazione. Con la pratica costante di questa dhāranā si realizzerà lo stato di pienezza di Bhairava (bharitā sthitih).
Poiché questa pratica è senza alcun supporto di vikalpa, è Śāmbhava upāya.
C’è un’altra importante interpretazione di questa dhāranā. Nell’inspirazione, viene prodotto il suono ha; nell’espirazione, viene prodotto il suono sah; nel punto di giunzione al centro si aggiunge il suono m. Quindi l’intera formula diventa Hamsah. Parādevī continua a suonare questa formula o mantra incessantemente in ogni essere vivente. Hrdaya o il centro è il punto di partenza del suono ha e dvādaśānta è il punto di partenza del suono sah. Contemplando questi due punti, si acquisisce la natura di Bhairava. Questo sarebbe ānava upāya. Sah rappresenta Śiva; ha rappresenta Śakti; m rappresenta nara. Quindi in questa pratica, tutti e tre gli elementi principali della filosofia Trika, vale a dire, Śiva, Śakti e Nara sono inclusi.

O radiosa, questa esperienza può albeggiare tra due respiri. Dopo che il respiro è venuto dentro e appena prima che si rivolga in su – il beneficio.

Il libro dei segreti – Osho – Bompiani, 2013
Commentato come segue: Quando inspiri, osserva. Per un solo istante, per un attimo infinitesimale, non c’è respiro: prima che risalga, prima che fuoriesca. Un respiro entra, poi c’è un punto in cui si arresta. Poi il respiro fuoriesce e allora, per un istante, un attimo infinitesimale, si arresta. Poi di nuovo entra. Prima che il respiro entri, o prima che esca, vi è una frazione minima di tempo in cui non stai respirando. In quell’istante può accadere l’evento trascendente, perché quando non respiri, non sei nel mondo. Lo si deve comprendere profondamente: quando non stai respirando, sei morto; tu esisti, questo è vero, ma come fossi morto. Ma quell’istante è di così breve durata che non lo si nota mai. Per il Tantra ogni respiro che fuoriesce è una morte, e ogni nuovo respiro è una rinascita. Il respiro che entra è una rinascita, quello che fuoriesce è una morte. Il respiro che esce è sinonimo di morte, quello che entra, di vita.
Perciò con ogni respiro muori e rinasci. L’intervallo tra i due è molto breve, ma un’acuta, sincera osservazione e un’attenzione cosciente te lo faranno percepire. Se riesci a percepirlo, dice Shiva: “Il beneficio”. In quel caso non dovrai fare nient’altro: la beatitudine ti avvolge, hai compreso, hai colto l’eterno. Non occorre educare il respiro. Lascia che scorra liberamente. E’ sufficiente una tecnica così semplice per conoscere la verità?
Sembra semplice! Conoscere la verità significa conoscere ciò che non è nato e che non muore mai, conoscere quell’elemento eterno che esiste sempre. Comunemente si conosce il respiro che esce e che entra, mai l’intervallo tra i due. Prova. All’improvviso comprenderai, è possibile: esiste già. Non devi aggiungere nulla a ciò che sei: tutto è già presente, tranne una sottile consapevolezza. Per praticare questa tecnica, per prima cosa diventa consapevole del respiro che entra. Osservalo. Dimentica ogni cosa: osserva solo il respiro che entra. Sentilo, quando tocca le tue narici. Poi lascialo discendere e muoviti con esso in piena coscienza. Non perderlo, mentre discende: scendi con esso. Ricordati solo di non precederlo e di non restare indietro. Devi solo accompagnarlo. Ricordati: muoviti in simultanea! Respiro e coscienza devono diventare un tutt’uno. Quando il respiro entra in te, anche tu dovresti entrare dentro di te, solo così sarà possibile cogliere il punto d’arresto tra i due respiri. Non sarà facile. Entra con il respiro, poi esci con il respiro: dentro-fuori, dentro-fuori. Fu il Buddha, in particolar modo, a usare questo metodo, pertanto nel mondo lo si conosce come un metodo buddista. Nella terminologia buddista è noto come anapanasati yoga.

L’energia suprema, la cui natura è creare, si manifesta nella respirazione. Mantieni la mente nei due punti di origine dell’inspirazione e dell’espirazione e conosci la pienezza.

La via del reale. Yoga tantrico – Ritorno a sé – Nathalie Delay – OM, 2023

Non rimane che l’invito a praticare, secondo la propria sensibilità.

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Buone cause

Il Monastero della Grotta del Sole

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Qualche settimana fa ho conosciuto Niki. È accaduto in occasione di una conversazione telefonica su Telegram, caldeggiata da un amico comune. Il calore e l’energia trasmessi da questa donna fuori dall’ordinario mi hanno colpita e commossa.

La sua missione e la sua vita pulsano in Nepal, in un monastero poco noto e certamente non meta dei tanti “pellegrini occidentali” a caccia di spiritualità esotica.

Ho pensato di lasciar spazio alle sue parole, affinchè gli avventori abituali o casuali di questo sito possano farsi toccare anch’essi, e magari decidere di devolvere una piccola donazione in favore di una grande causa.

L’Associazione Amici del Monastero SunCave OdV è un’organizzazione non profit italiana che sostiene il Monastero della Grotta del Sole, un antico monastero buddista situato nella regione dell’Upper Mustang, in Nepal. Il confine col Tibet è a mezz’ora di strada!
Il monastero ha una storia vecchia di 800 anni, ed è stato fondato dal principe Mustangi Lo Khenchen, un famoso santo buddhista. Lo Khenchen ha iniziato ad usare le grotte per i suoi ritiri. Infatti il nome del monastero, Nyphug Gompa, vuol dire il monastero della grotta del sole. Poi, poco per volta, una comunità monastica si è venuta a formare intorno alle grotte.
Il Nyphug Gompa è tutt’ora un importante centro per la cultura e la religione buddista nella regione. I monastero appartiene alla scuola Sakya.
Il monastero ha anche una scuola monastica, nata per desiderio di S.S. il 41 esimo Sakya Trinzin. La scuola ospita dai 50 ai 60 bambini dai 5 ai 17 anni.
I bambini non prendono i voti monastici, prendono solo rifugio in Buddha, Dharma (insegnamenti di Buddha) e Sangha (la comunità dei santi). Poi a 17 anni verrà loro chiesto se vogliono continuare la vita monastica, e quindi prendere i voti da novizi ed andare al college di studi superiori filosofici, o se vogliono rientrare nel mondo.
La scuola è una normale scuola, riconosciuta dal governo nepalese, con in più il training monastico. I bambini vivono nella scuola e sono completamente a carico del monastero, che è povero.
La scuola monastica ha anche una sede a Pokhara, questo perché, con gli anni, la presenza di bambini di etnie non Mustangi, Tamang, Gurung e altre, è arrivata a superare il 70% delle presenze. E questi bambini non resisterebbero alle temperature gelide (fino a -30 gradi) dell’inverno in Upper Mustang.
L’associazione “Amici del monastero SunCave OdV” è stata fondata nel 2023 da un gruppo di volontari italiani ispirati dalle pagine di un’italiana che vive nel monastero [Niki, N.d.R]. In seguito alcuni di loro sono andati in Nepal, hanno conosciuto monaci e bambini della scuola monastica, e il legame così si è rafforzato. Perché è impossibile non voler bene a questo gruppetto di monaci dedicati ai bambini come se fossero i loro fratellini più piccoli. C’è proprio un’aria di famiglia nel monastero.
Il monastero è povero, e sostenere le spese per il mantenimento dei bambini è uno sforzo notevole. L’associazione cerca di aiutare in questo senso.
La sede attuale della scuola monastica, non solo è insufficiente, ma il nuovo aeroporto internazionale di Pokhara è stato costruito letteralmente alle porte della scuola e sta già causando problemi di salute ai bambini (continui mal di gola e congiuntiviti).
Il sogno di monaci, bambini e dei volontari dell’associazione è quello di spostare la scuola in campagna ed avere abbastanza terreno per diventare il promo monastero ecologico e autosufficiente del Nepal.

Niki

Per aiutare il Monastero ci sono vari modi:

  • destinare la quota del 5 per mille dell’IRPEF all’associazione “Amici del monastero SunCave OdV”, il cui codice fisale è 93312840239
  • effetture una donazione in favore di:
    • Banca: Sparkasse
    • Intestatario conto: Amici del Monastero SunCave ODV
    • IBAN: IT 98 M 060 4511 7000 0000 5004 332
    • BIC: CRBZIT2B096
    • Sede dell’Associazione: via Polveriere Vecchia 14, 37100 Verona (VR) Italy
    • IMPORTANTE: chi è interessato alle detrazioni, dopo aver fatto la donazione dovrebbe inviare copia del bonifico e i propri dati fiscali via email a donazioni@amicidelmonastero.it, così da ricevere la dichiarazione utile al fine delle detrazioni fiscali.

La pagina Facebook di Niki: https://www.facebook.com/nikitesoroni

Il gruppo su Facebook: https://www.facebook.com/groups/579857913506789

Substack: https://tibetniki.substack.com

Instagram: https://www.instagram.com/amicidelmonastero/

Sito italiano: https://il-monastero-della-grotta-del-sole-1.jimdosite.com/

Sito in inglese: https://suncavemonastery.org

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Buone cause

Prasada e solidarietà

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4’33” Yoga e percussioni ha deciso di sostenere Food for Life APS, un’organizzazione umanitaria che distribuisce pasti vegani ai senzatetto e a famiglie in difficoltà. 
Nata nel 2016, l’Associazione opera attivamente in molte città italiane e offre annualmente più di 30.000 piatti gratuiti.

I pasti vengono preparati dai volontari di Food for Life APS con uno spirito di amore e gratitudine, seguendo l’antica tradizione vedica. Queste pietanze vengono definite prasada: cibo spirituale che nutre corpo, mente e spirito.

Food for Life APS è partner italiano di Food for Life Global (FFLG) organizzazione fondata nel 1995 che, attualmente, ha sede in Delaware, USA (FFLG – America). Lo scopo principale è quello di essere il punto di coordinamento, formazione e supporto per tutti i progetti Food for Life nel mondo. Si tratta del più grande programma internazionale di assistenza alimentare vegana con 255 organizzazioni affiliate in 60 paesi, che servono fino a 2 milioni di pasti ogni giorno. L’obiettivo è quello di contrastare la causa principale di tutte le problematiche sociali attraverso l’insegnamento dell’uguaglianza spirituale nella pratica. I progetti includono anche l’educazione sanitaria, l’agricoltura biologica, la scolarizzazione per i bambini nati in situazioni svantaggiate, il salvataggio e la cura degli animali.

4’33” Yoga e percussioni condivide e sostiene la mission di Food for Life APS:

  • Distribuire al maggior numero di persone indigenti cibo vegano preparato con amore, che possa aiutarle a ritrovare armonia tra corpo, mente e spirito.
  • Far conoscere alla società il valore della non-violenza stimolando nelle persone il gusto per un cibo non violento.
  • Offrire, mediante la scienza dello yoga, l’opportunità di innescare un processo evolutivo della coscienza a livello individuale e collettivo.

Link utili:

https://foodforlifeaps.it/

https://www.facebook.com/foodforlifeaps

https://ffl.org/it/